Ognuno di noi non può certo disporre di un grande e bell'edificio per le proprie devozioni; del resto ciò non è assolutamente necessario, tanto più che, troppo spesso, il fasto e la pompa, per la loro stessa natura, distolgono il nostro cuore da Dio. Possiamo sempre riservare, però, per le nostre preghiere un piccolo angolo della nostra stanza e separarlo con tende o paraventi, oppure consacrare ai nostri esercizi un intero locale per farne il nostro oratorio. La natura del tramezzo divisorio non è determinante; quello che importa è l'esclusività del santuario invisibile che noi edifichiamo e l'afflusso divino che riceviamo dal Padre Nostro in risposta alle nostre preghiere.
Si può ornare il muro di una immagine di Cristo o di un emblema Rosacroce, se lo si desidera, ma non è cosa essenziale. Qualche occultista preferisce l'occhio di Dio, essendo il simbolo del Padre, ma ricordiamoci le parole di Cristo: "Il Padre ed io siamo una stessa cosa". Perciò, anche se non abbiamo ritratti autentici di Cristo, usiamo quelli che abbiamo, così come sono, poiché sappiamo bene che i nostri pensieri non si smarriranno per questo.
Il Cristo è il Signore di questa Epoca; più tardi il Padre ne prenderà il posto, ma per ora il Cristo è il mediatore delle masse.
È sufficiente dire che qualunque sia la dimensione della stanza dell'aspirante, questa è intrisa di un'atmosfera di santità, poiché tutti i pensieri, che si possono legittimamente distogliere dagli obblighi professionali, vanno verso il Padre celeste ed il luogo riservato come santuario si riempie ben presto di vibrazioni spirituali; è per questo che ogni aspirante alla preghiera cosciente dovrà cercare innanzitutto di assicurarsi una residenza stabile; se si sposta da un luogo all'altro subisce perdite sensibili e, ad ogni cambiamento, è obbligato a ricominciare la sua costruzione; il tempio invisibile che aveva edificato e poi abbandonato si disintegra gradatamente, quando cessa di essere un luogo di adorazione.
Le Ali e la Potenza
Una massima dice: "Ogni sviluppo spirituale incomincia dal corpo vitale". Questo veicolo si avvicina molto al corpo fisico dal punto di vista della densità; il suo principio fondamentale è la ripetizione, è il veicolo delle abitudini ed è per questo che è un po' difficile modificarlo o influenzarlo, ma, quando è stato apportato un cambiamento alla sua
struttura e, con la ripetizione, è stata acquisita una nuova abitudine, la pratica della ripetizione diventa quasi automatica.
Questo tratto caratteristico è a un tempo buono e cattivo, per ciò che concerne la preghiera, poiché l'impressione registrata negli eteri del corpo vitale porta l'aspirante a praticare scrupolosamente le sue devozioni a ore fisse, anche se la preghiera è diventata un'abitudine e ha perso il suo interesse. Se il corpo vitale non avesse questa tendenza a
formarsi delle abitudini, gli aspiranti si renderebbero conto del pericolo, appena il loro vero amore si affievolisce, e sarebbe loro più facile riparare alla perdita e restare sul sentiero.
L'aspirante dovrà quindi esaminarsi di tanto in tanto, per assicurarsi che abbia sempre le ali e la potenza necessarie per elevarsi prontamente e in modo sicuro verso il Padre dei Cieli.
Le ali sono due; esse si chiamano AMORE e ASPIRAZIONE, e l'invisibile potenza che le fa muovere è lo zelo ardente. Senza questi tre elementi e la comprensione intelligente della natura dall’invocazione, la preghiera non è che una semplice abitudine mentre invece, se convenientemente effettuata, costituisce il più potente mezzo conosciuto per lo sviluppo della nostra anima.
La Posizione del Corpo
Nella preghiera individuale, la posizione del corpo ha poca importanza. La migliore è quella che si presta meglio alla concentrazione su un punto determinato, ma nella preghiera collettiva è abitudine, tra gli occultisti, di stare dritti in piedi, la testa bassa, le mani unite. Questo atteggiamento produce un circuito magnetico che unisce spiritualmente i partecipanti dall'inizio stesso degli esercizi. Nelle riunioni meno avanzate, un inno, cantato in piedi, è di grande utilità, purché tutti vi prendano parte.
L'Invocazione
Si è tanto abusato della parola preghiera che, in effetti, questa non definisce l'esercizio spirituale del quale parliamo. Come abbiamo già detto, quando ci rechiamo al nostro santuario dobbiamo andarvi con lo stesso stato d'animo del fidanzato che va verso la sua amata; il nostro spirito deve protendersi in avanti, oltre il corpo fisico lento a muoversi, nel vivo desiderio di pregustare le delizie che ci attendono, e dobbiamo dimenticare tutto e aspirare solo all'adorazione che ci pervade interamente.
Il sentimento richiesto, per rendere la preghiera efficace, è paragonabile, ma forse più ardente e più intenso, a quello che attira l'amoroso verso la sua amata: "Come una cerva sospira presso l'acqua del ruscello, così la mia anima ardente ha sete di Te." Questa frase esprime il sentimento che può essere sentito in tutta la sua intensità da colui che ama veramente Dio. Se non possediamo questa disposizione di spirito, possiamo coltivarla con la preghiera; una delle suppliche più costanti che possiamo fare per noi stessi è la seguente:
"Accresci il mio amore per Te, Signore, affinché io possa servirTi ogni giorno di più. Fa che le parole della mia bocca e le meditazioni del mio cuore siano a Te gradite, Signore, mia forza e mio redentore."
Le suppliche per le cose temporali fanno parte della magia nera. Infatti, non abbiamo noi questa bella promessa: "Istituite dapprima il Regno di Dio e la Sua giustizia, e tutte le altre cose vi saranno date in sopraggiunta"? Il Cristo ha tracciato nel Padre Nostro i limiti delle nostre suppliche quando insegnò ai Suoi discepoli a dire: "Dacci oggi il nostro pane quotidiano". Tanto per noi che per gli altri, è bene astenerci dall'andare oltre nell'invocazione cosciente. Anche nelle nostre domande per le grazie spirituali è necessario vegliare con cura, affinché non vi si introduca l'egoismo a intralciare e ad annientare i progressi della nostra anima. Tutti i santi hanno conosciuto i giorni tenebrosi in cui il Divino Amante nasconde il volto e l'abbattimento che ne consegue. Vengono allora messe alla prova la natura e la forza del nostro affetto ... Amiamo Dio per Lui stesso o l'amiamo per la gioia che proviamo nella nostra soave comunione con Lui? Se quest'ultima condizione prevale, il nostro affetto è egoistico, come erano egoistici i sentimenti della folla che Lo seguiva, perché Egli l'aveva nutrita. Anche ora, come allora, in simili casi, Egli deve sottrarsi ai nostri occhi, in segno del Suo tenero amore, della Sua affettuosa sollecitudine, davanti a cui noi dobbiamo cadere in ginocchio pieni di vergogna e di rimorso. Potremo essere felici se sapremo modificare i difetti del nostro carattere e se apprenderemo le lezioni di fedeltà infallibile dell'ago calamitato, che costantemente indica il polo, a dispetto della pioggia e delle nuvole tempestose che gli nascondono la sua amata stella.
Occorre fare attenzione, come abbiamo detto, a non pregare per i beni temporali e ad essere molto prudenti quando preghiamo per i doni spirituali. Alla domanda che sorge spontanea: "Quale sarà allora l'oggetto delle nostre invocazioni?" la risposta è: "In modo generale sarà la lode e l’adorazione”. Occorre scartare l’idea che ogni volta che ci appressiamo al Padre Celeste si debba chiedere qualche cosa. Non ci annoieremmo forse se i nostri ragazzi ci tempestassero senza posa di richieste? Beninteso, non possiamo pensare che il nostro Padre dei Cieli si stanchi delle nostre importunità, ma non possiamo nemmeno aspettarci che ci accordi ciò che potrebbe esserci nocivo. D’altra parte, quando offriamo le nostre azioni e le nostre lodi, ci mettiamo in posizione favorevole alla legge di attrazione, nello stato ricettivo per un nuovo afflusso dello Spirito di Amore e di Luce, che ci riavvicina al nostro ideale adorato.
Il Punto Culminante
Non è affatto necessario che l’invocazione, espressa ad alta voce o no, continui per tutta la durata della preghiera. Allorché, sulle ali dell’amore e dell’aspirazione mosse dall’intensità del nostro zelo, abbiamo preso il volo sino al Trono di Dio, i può essere un momento di dolce, silenziosa e soave comunione; essa è analoga alla felicità degli
innamorati che restano ore intere in un silenzio pieno di amore inesprimibile, in un’estasi che sorpassa di gran lunga la gioia di una conversazione intima. Altrettanto avviene quando raggiungiamo il punto culminante in cui l’anima si riposa in Dio; tutti i suoi desideri sono
soddisfatti da questo sentimento di unione espresso nelle parole di Cristo “Mio Padre ed Io siamo una cosa sola”. Raggiunta tale meta, l’anima assapora la quintessenza della gioia, poiché, per quanto meschino ci sembri il mondo, per quanto oscuro sembri il destino da affrontare, l’Amore di Dio, che supera ogni comprensione, è la panacea per tutti.
È però necessario dire che questo punto culminante non può essere raggiunto in tutta la sua pienezza che in rari intervalli. Esso presuppone non soltanto l’intensità del desiderio di elevarsi verso il Divino, ma una riserva di fondi per restare nel giusto equilibrio, facoltà che la maggior parte degli uomini non ha sempre a disposizione. È notorio che nulla di importante viene senza sforzo, ma ciò che l’uomo ha fatto, l’uomo può ancora fare e, se incominciamo a coltivare la potenza dell’invocazione secondo le tecniche indicate, col tempo raccoglieremo dei risultati che ora è difficile concepire.
Che il Padre Nostro che sta nei cieli benedica ogni sforzo.