Caro/a Amico/a
Una delle leggi fondamentali della natura e dell’evoluzione è quella dell’alternanza, in cicli sempre più avanzati. Siamo dunque tutti soggetti ai cosiddetti “alti e bassi”, e a tutti accade che, dopo un periodo nel quale l’aspirazione e l’illuminazione sembrano ad un passo, ci ritroviamo – a volte improvvisamente – circondati da oscurità e dubbi.
Quello che dobbiamo sapere è che non si tratta di un arresto, ma che anche questo periodo è necessario, funzionale ed utile al nostro progresso spirituale. La preghiera può essere di grande aiuto per superarlo più brevemente, per cui alleghiamo qui di seguito un passaggio al riguardo di Max Heindel.
Pregandoti di sentirci sempre a Tua disposizione,
Una massima dice: “Ogni sviluppo spirituale incomincia dal corpo vitale”. Questo veicolo si avvicina molto al corpo fisico dal punto di vista della densità; il suo principio fondamentale è la ripetizione, è il veicolo delle abitudini ed è per questo che è un po’ difficile modificarlo o influenzarlo, ma, quando è stato apportato un cambiamento alla sua struttura e, con la ripetizione, è stata acquisita una nuova abitudine, la pratica della ripetizione diventa quasi automatica.
Questo tratto caratteristico è a un tempo buono e cattivo, per ciò che concerne la preghiera, poiché l’impressione registrata negli eteri del corpo vitale porta l’aspirante a praticare scrupolosamente le sue devozioni a ore fisse, anche se la preghiera è diventata un’abitudine e ha perso il suo interesse. Se il corpo vitale non avesse questa tendenza a formarsi delle abitudini, gli aspiranti si renderebbero conto del pericolo appena il loro vero amore si affievolisce, e sarebbe loro più facile riparare alla perdita e restare sul sentiero. L’aspirante dovrà quindi esaminarsi di tanto in tanto, per assicurarsi che abbia sempre le ali e la potenza necessarie per elevarsi prontamente e in modo sicuro verso il Padre dei Cieli. Le ali sono due: esse si chiamano AMORE e ASPIRAZIONE, e l’invisibile potenza che le fa muovere è lo zelo ardente. Senza questi tre elementi e la comprensione intelligente della natura dell’invocazione, la preghiera non è che una semplice abitudine, mentre invece se convenientemente effettuata, costituisce il più potente mezzo conosciuto per lo sviluppo della nostra anima.
Si è tanto abusato della parola “preghiera” che, in effetti, questa non definisce l’esercizio spirituale del quale parliamo. Come abbiamo già detto, quando ci rechiamo nel nostro santuario (interiore) dobbiamo andarvi con lo stesso stato d’animo del fidanzato che va verso la sua amata; il nostro spirito deve protendersi in avanti, oltre il corpo fisico lento a muoversi, nel vivo desiderio di pregustare le delizie che ci attendono, e dobbiamo dimenticare tutto e aspirare solo all’adorazione che ci pervade interamente.
Il sentimento richiesto per rendere la preghiera efficace è paragonabile, ma forse più ardente e intenso, a quello che attira l’amante verso la sua amata: “Come una cerva sospira presso l’acqua del ruscello, così la mia anima ardente ha sete di Te”. Questa frase esprime il sentimento che si può sentire in tutta la sua intensità da colui che ama veramente Dio. Se non possediamo questa disposizione di spirito possiamo coltivarla con la preghiera; una delle suppliche più costanti che possiamo fare per noi stessi è la seguente [1]:
“Accresci il mio amore per Te, o Signore, affinché io possa servirti ogni giorno di più. Fa che le parole delle mie labbra e le meditazioni del mio cuore siano a Te gradite, Signore, mia forza e mio Redentore”.
Tutti i santi hanno conosciuto i giorni tenebrosi in cui il Divino Amante nasconde il volto e l’abbattimento che ne consegue. Vengono allora messe alla prova la natura e la forza del nostro affetto… Amiamo Dio per Lui stesso o l’amiamo per la gioia che proviamo nella nostra soave comunione con Lui? Se quest’ultima condizione prevale, il nostro affetto è egoistico, come erano egoistici i sentimenti della folla che Lo seguiva perché Egli l’aveva nutrita. Anche ora, come allora, in simili casi Egli deve sottrarsi ai nostri occhi, in segno del Suo tenero amore, della Sua affettuosa sollecitudine, davanti a cui noi dobbiamo cadere in ginocchio pieni di vergogna e di rimorso. Potremo essere felici se sapremo modificare i difetti del nostro carattere e se apprenderemo la lezione di fedeltà infallibile dell’ago calamitato, che costantemente indica il polo a dispetto della pioggia e delle nuvole tempestose che gli nascondo la sua amata stella.
Occorre fare attenzione a non pregare per beni temporali e ad essere molto prudenti quando preghiamo per i doni spirituali. Alla domanda che sorge spontanea: “Quale sarà allora l’oggetto delle nostre invocazioni?” la risposta è: “In modo generale sarà la lode e l’adorazione”. Occorre scartare l’idea che ogni volta che ci appressiamo al Padre Celeste si debba chiedere qualcosa. Non ci annoieremmo forse noi se i nostri ragazzi ci tempestassero senza posa di richieste? Beninteso, non possiamo pensare che il nostro Padre dei Cieli si stanchi delle nostre importunità, ma non possiamo neppure aspettarci che ci accordi ciò che potrebbe esserci nocivo. D’altra parte, quando offriamo le nostre azioni e le nostre lodi, ci mettiamo in posizione favorevole alla legge di attrazione, nello stato ricettivo per un nuovo afflusso dello Spirito di Amore e di Luce, che ci riavvicina al nostro ideale adorato.
Non è affatto necessario che l’invocazione, espressa ad alta voce i meno, continui per tutta la durata della preghiera. Allorché, sulle ali dell’amore e dell’aspirazione mosse dall’intensità del nostro zelo, abbiamo preso il volo sino al Trono di Dio, vi può essere un momento di dolce, silenziosa e soave comunione: essa è analoga alla felicità degli innamorati che restano ore intere in un silenzio pieno di amore inesprimibile, in un’estasi che sorpassa di gran lunga la gioia di una conversazione intima. Altrettanto avviene quando raggiungiamo il punto culminante in cui l’anima si riposa in Dio; tutti i suoi desideri sono soddisfatti da questo sentimento di unione espresso nelle parole del Cristo: “Il Padre ed Io siamo una cosa sola”. Raggiunta tale meta,l’anima assapora la quintessenza della gioia, poiché, per quanto meschino ci sembri il mondo, per quanto oscuro appaia il destino da affrontare, l’Amore di Dio, che supera ogni comprensione, è la panacea per tutti.
È però necessario dire che questo punto culminante non può essere raggiunto in tutta la sua pienezza che in rari intervalli. Esso presuppone non soltanto l’intensità del desiderio di elevarsi verso il Divino, ma una riserva di fondi per restare nel giusto equilibrio, facoltà che la maggior parte degli uomini non sempre ha a disposizione. È noto che nulla di importante viene senza uno sforzo, ma ciò che l’uomo ha fatto l’uomo può ancora fare, e se incominciamo a coltivare la potenza dell’invocazione secondo le tecniche indicate, col tempo raccoglieremo dei risultati che ora è difficile concepire. Che il Padre Nostro che sta nei Cieli benedica ogni nostro sforzo.
(Tratto da “La Trama del Destino” - di Max Heindel)
[1] Questa preghiera è stata adottata dall’Associazione Rosacrociana come ‘la Preghiera dello Studente’.